sabato 25 novembre 2023

LE DONNE ASSASSINE NELLA STORIA

 


La storia è piena di serial killer, ma non vi sono studi sulle donne assassine, considerate tra il 5 e il 10%.

Nello studio della criminologia si pensa che l’emancipazione femminile sia una delle cause che abbiano portato alla nascita di donne killer. Le assassine sono in aumento e sempre più spesso si scoprono nuovi omicidi compiuti dal “gentil sesso”. Il movente più frequente è il fattore economico che evidenzia la “necessità” di una autonomia senza la sottomissione verso una figura maschile. Si sostiene che gli omicidi avvengano per emulazione dell’uomo, diventando con il tempo, sempre più violenti e simili alle uccisione dei colleghi maschi. Nella storia spesso sono donne di potere che avevano a disposizione servitori succubi al loro volere.

Secondo alcuni studi le donne assassine hanno in comune, così come gli uomini, un passato tormentato e fin dall’infanzia mostrano atteggiamenti e azioni violente nei confronti degli animali. Per le donne, lo scatenarsi di episodi di violenza, stupro, abbandono e grosse sofferenze diventano la causa primaria.  Il soggetto è una bambina trascurata o vittima di abusi che ha subito diversi conflitti nella sua infanzia senza esser capace di costruirsi e di utilizzare degli adeguati sistemi di difesa. Spesso queste bambine perdono uno o entrambi i genitori e sono costrette a vivere in un ambiente ostile. Queste frustrazioni, situazioni di stress e crisi di angoscia, unite a un’incapacità cronica a superarli possono condurre l’adolescente a isolarsi totalmente dalla società che percepisce come ostile. In molte di loro si sviluppa una sessualità precoce  e intensa, accompagnata a una personalità aggressiva, violenta e bisognosa di dominare gli altri. Altre si sentono brutte, non desiderate, sovrappeso e questo fa diminuire la loro autostima e aumentare l’odio verso il mondo.

Le motivazioni che spingono una donna ad uccidere sono varie: per denaro e potere, a causa di disordini psicologici come il complesso di Medea (tendenza della madre a desiderare/causare la morte dei figli). Al contrario degli uomini, non uccide per libidine sessuale. I mezzi più usati sono i veleni perché generano sintomi simili a malattie comuni o il soffocamento ad esempio verso i neonati con un cuscino sulla faccia del bambino che viene scambiato per un semplice arresto cardio-respiratorio dovuto a cause naturali, evenienza accettata da tutti i pediatri nel primo periodo di vita del neonato. Nel caso di donne appartenenti alla malavita, camorra o narcotraffico, l’utilizzo delle armi da fuoco diventa ricorrente.

L’uccisione delle donne può essere considerata meno violenta rispetto agli uomini, non vi sono spargimenti di sangue o mutilazione dei corpi, ma i loro metodi sono altrettanto crudi. Agiscono nell’ombra, diventando letali con azioni silenziose, lunghe e lente provocando la sofferenza e l’agonia nelle vittime.

METODI E MOVENTI

L’utilizzo di metodi “silenziosi” per uccidere (come il veleno) porta a ad una morte naturale che  allo stesso tempo, permette al pensiero culturale esistente di negare che dietro alla morte possa esserci una figura femminile, considerando le donne come innocue verso simili atteggiamenti. Il veleno più usato è l’arsenico e i suoi derivati come la stricnina ed il clorato di potassio che portano una morte lunga e silenziose oltre a non lasciare tracce o evidenziare solo elementi di intossicazione. Spesso sono donne le chiamate anche “vedove nere”, che uccidono mariti o sposano uomini ricchi per poi avvelenarli simulando incidenti domestici. Prendono il nome dal ragno, la vedova nera che dopo essersi accoppiata, uccide il maschio.  Le vedove nere solitamente, non infieriscono sui cadaveri con manifestazioni di overkilling, mutilazioni, smembramenti, aggressione sessuale o torture; ma molte hanno confessato di aver provato piacere nel vederli contorcere dal dolore.

La tecnica di attirare le vittime dentro le proprie case/ragnatela è chiamata “tecnica del ragno”. Altre, consumano gli omicidi in case di cura e ospedali. Questo è tipico delle infermiere chiamate anche “Angeli della morte” che vedono nel togliere la vita delle vittime come “atti di misericordia”. Si ritiene che la prima vedova nera della storia sia stata la regina Ji Xia (Cina), che nel 1600 a.C. uccise 3 mariti e un figlio.

Altre killer uccidono per vendetta  o gelosia legata al senso del rifiuto o abbandono.  Ciò che rende particolare la figura delle vendicatrici è la «qualità» della rabbia, un’ostilità profonda e diffusa, al confine con la patologia; sono affascinate da una sorta di ossessiva attrazione per le qualità più oscure della vendetta, e uccidono senza alcun periodo di raffreddamento emozionale fra un delitto e il successivo. L’uccisione per profitto e denaro è uno dei moventi più comuni. L’assassina è molto organizzata e attenta, quindi molto difficile da scoprire e catturare. Possono essere assunte come killer a contratto, per eliminare il coniuge, rivali in affari, familiari con ricche polizze assicurative. Appartengono a questa categoria spesso trafficanti o mafiose.

Le donne solitamente uccidono persone conosciute, familiari (mariti, figli, amici), con cui hanno stretto legami e avuto confidenza. La fiducia acquistata consente loro di agire nell’ombra. Non si spostano e sono solitamente “residenziali” nel commettere reati, probabilmente perché fin dall’antichità la donna era rilegata al ruolo di casa e famiglia. Secondo alcuni studi,  Il 45% sceglie membri della propria famiglia, il 26% amici o conoscenti, il 10% uccide pazienti o persone di cui deve prendersi cura, il 11% uccide totali sconosciuti. L’86%delle serial killer uccide in coppia.

Di seguito, verranno narrate le storie delle assassine più famose e conosciute della storia.

LEONARDA CIANCIULLI – LA SAPONIFICATRICE



Famosa come la “saponificatrice di Correggio” in provincia di Reggio Emilia è diventata nota per aver ucciso 3 donne tra il 1939 – 1940 . Si disfava dei corpi, dissezionandoli e lessandoli, utilizzando il loro sangue nell'impasto dei dolci e biscotti e la carne sciolta nella soda caustica per la realizzazione di saponette. Ebbe una infanzia piena di rifiuti ed abbandoni, sposa un uomo contro il volere della famiglia e per questo venne “maledetta” dalla madre a cui attribuisce la colpa dei suoi svariati aborti. Rimane incinta, ha tre figli e inizia a studiare chiromanzia e magia nera, vedendo nel sacrificio di alcune vittime anziane la salvezza e sopravvivenza dei suoi figli. Per scacciare la maledizione che la avrebbe colpita ricorse all’omicidio di tre amiche, Faustina Setti di 70 anni, Francesca Soavi (insegnante d’asilo) e Virginia Cacioppo, soprano d’opera. “Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe ed io”. E ancora: “Finì nel pentolone, come le altre due (…); ma la sua carne era grassa e bianca: quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce” (Leonarda Cianciulli, Memoriale, p.557, Fascicolo XV).

La perizia portò alla seminfermità mentale constatando che gli omicidi erano un mix tra lucidità e follia. Venne condannata a tre anni in un manicomio criminale e a trent'anni di reclusione. Morì il 15 ottobre 1970, nel manicomio di Pozzuoli, all'età di 77 anni, per apoplessia cerebrale. Le armi utilizzate per uccidere e fare a pezzi le sue vittime, il martello, il seghetto, il coltello da cucina, le scuri, la mannaia e il treppiede, sono conservati a Roma nel Museo Criminologico.

MARY COTTON ANN – LA DONNA ARSENICO



Considerata la prima serial killer inglese, visse tra 1832 e il 1873. Si pensa abbia ucciso 21 persone attraverso l’utilizzo dell’arsenico, un veleno usato per i topi, i cui effetti erano mascherati sotto forma di febbri gastriche. Uccise 4 mariti e numerosi amanti, oltre a eliminare anche diversi figli avuti dalle sue relazioni, intascando da ogni morte una assicurazione sulla vita. Il suo movente era il profitto economico anche se molti sostengono uccidesse per noia. Venne condannata a morte per impiccagione nel penitenziario di Durham Gaol, il 24 marzo 1873 all'età di 40 anni. Non ammise mai la sua colpevolezza e si dichiarò innocente fino alla fine.

La sua storia ha dato vita ad una filastrocca inquietante che ancora oggi spaventa i bambini: “Mary Ann Cotton è morta e putrefatta giace nella tomba con gli occhi spalancati. Cantare, cantare, cosa posso cantare? Mary Ann Cotton ha al collo una corda. Dov’è, dov’è? Penzola in aria vendendo manine rinsecchite, un penny al paio”.

La sua storia è visibile in streaming, nella serie tv britannica “Dark Angel” in lingua originale sottotitolata in italiano.

ELIZABETH BATHORY – LA TORTURATRICE



Contessa ungherese, colta e intelligente, con una cura maniacale verso sé stessa e sempre alla ricerca della bellezza, fece uccidere più di 300 donne, convinta che la loro giovinezza sarebbe servita a realizzare l’elisir di lunga vita. Secondo il suo diario personale, le vittime risalirebbero però a 600.

Durante la sua infanzia, Erzsébet Bàrthory, fu spesso testimone di condanne a morte atroci e punizioni corporali con mutilazioni che probabilmente contribuirono a segnare la sua psiche. Iniziò da giovane ad eseguire le prime torture verso gli animali, sviluppando una innata propensione verso il sadismo. All’età di 15 anni sposò il conte Ferenc Nádasdy, uomo brutale che amava torturare e infierire sulle vittime. Insieme a lui, Elizabeth trovò sfogo e complicità per i suoi crimini: Cuciva con del filo la bocca di chi (secondo lei) aveva mentito, conficcava aghi sotto le unghie, bruciare il sesso delle giovani con una candela o spalmava di miele il corpo delle presunte ladre per poi abbandonarle nel bosco, legate a un albero, alla mercé di insetti e altri animali. La storia dei “bagni di sangue” nasce da una racconto, dove si narra che una serva, dopo essere stata schiaffeggiata dalla contessa,  versò erroneamente alcune gocce di sangue colante dal naso, sulla regnante, che pulendosi, si rese conto che la pelle appariva più pallida e luminosa. Da allora, fece costruire negli scantinati del suo castello vere e proprie macchine di tortura, dove le vittime perdevano la vita dopo lunghe agonie e sofferenze. L’obbiettivo era raccogliere il loro sangue convinta che rinvigorissero la sua pelle e la rendessero giovane. Si pensa che la famosa macchina di tortura chiamata la “vergine di ferro” sia stata un’invenzione della Contessa stessa.

Assetata di sangue e dopo aver esaurito le giovani contadine nella sua zona iniziò a concentrarsi sulle ragazze provenienti da famiglie nobili minori. I parenti delle giovani (ufficialmente assunte come domestiche) non avendone più notizie, iniziarono a insospettirsi e denunciarne la scomparsa. Quando le denuncie arrivarono all’imperatore Mattia II iniziarono le denunce e vennero aperte delle indagini sulla nobildonna. La Bathory venne colta in flagranza mentre torturava delle ragazze grazie alla curiosità di alcuni ospiti presenti nel Castello.  

Fu condannata ad essere murata viva fino alla morte, Erzsébet si suicidò dopo quattro anni lasciandosi morire di fame. La sua storia ispirà il film “La contessa” realizzato ed interpretato dall’attrice Julie Delpy. Nel film si narra il suo amore per un giovane che promesso sposo ad un'altra la avrebbe lasciata. Questo avrebbe portato la contessa alla crudeltà e chiusura dei suoi sentimenti, ma questa versione non ha fonti storiche attestate. Considerata la donna più sanguinaria della storia, si pensa avesse praticato anche cannibalismo e vampirismo, visto che tra i suoi parenti vi era il celebre Principe Vlad III Dracula. La sua leggenda ispirò molti romanzi e film oltre ad essere citata in canzoni e videogiochi.

MARIA I D’INGHILTERRA – LA SANGUINARIA



Detta anche “Bloody Mary”, venne incoronata Regina di Inghilterra a 37 anni, regnando dal 1553 al 1558. Maria I Tudor, fu Figlia di Enrico VIII e Caterina d’Aragona, nipote di Isabella di Castiglia e Fernando d’Aragona (i Re Cattolici) e Cugina dell’imperatore Carlo V d’Asburgo. Era una donna molto colta. Parlava latino, francese, spagnolo e anche italiano, un vanto raro, per una signora del ‘500.

Visse gli anni migliori della sua vita praticamente reclusa, vittima di una madre fortemente ascetica e troppo religiosa che la educò con questi principi. Il protestantesimo aveva consentito a suo padre di ripudiare moglie e figlia, per dedicarsi alle giovani amanti che poi eleggeva  a legittime consorti.  Quando il fratello Edoardo tentò di escluderla per la successione dal trono trovò l’appoggio del popolo venendo proclamata legittima regina nella pubblica Piazza. Una volta incoronata, decise  di instaurare la religione cattolica nel regno e per farlo, creò un clima di terrore e morte colpendo più di 300 vittime e passando alla storia come “Maria la sanguinaria”. Esercitò il suo potere di sovrana impiccando migliaia di protestanti, alle porte di Londra. Furono arsi vivi, sgozzati, vittime necessarie di un tempo in cui, i nemici di Dio, divennero nemici della sovrana, che in terra ne era la rappresentante.

Maria, fu una donna che rivendicò i suoi diritti e salì al trono grazie alla propria determinazione in un periodo storico in cui le donne non erano ben viste al potere. Si sposò con Filippo II Re di Spagna ma non gli diede mai un erede. Nel tempo cominciò a manifestare sintomi di un disturbo che i medici rinascimentali definivano “strozzamento dell’utero” o “asfissia dell’organo genitale femminile” che la portò all’assenza del ciclo mestruale. Le cure rudimentali se non brutali la portarono a sottoporsi a suffumigi uterini e all’introduzione di sanguisughe nel collo dell’utero. L’ingrossamento del ventre e la formazione di un tumore ovarico la portarono alla morte.

AILEEN WUORNOS – LA PROSTITUTA



Serial killer statunitense, ebbe una infanzia molto travagliata. Figlia di uno schizofrenico morto in prigione, venne affidata alle cure del nonno alcolista che la fece violentare da un amico per poi sbatterla fuori di casa. Gli anni duri della giovinezza la portano a sviluppare un carattere turbolento che sfociò in prostituzione, furti e azioni illegali. Uccise a colpi di pistola oltre 5 uomini depredandoli senza pietà di tutti i loro beni. Ebbe una appassionante storia d’amore con la cameriera Tyria Moore conosciuta in un bar con cui andò a convivere. Venne arrestata e processata per i suoi crimini nel 1992 e condannata alla sedia elettrica per iniezione letale nel 2002, dopo 12 anni trascorsi nella prigione di stato di Raiford, in Florida. La relazione con la compagna finì  dopo il processo. Nonostante avesse dichiarato più volte il suo disprezzo verso le vittime, le perizie psichiatriche la consideravano capace di intendere e di volere.  

La vita della serial killer è rappresentata nel film “Monster” interpretato da Charlize Theron e Christina Ricci. La sua storia ha ispirato un personaggio di American Horror Story: Hotel interpretata dall'attrice Lily Rabe.

SONYA CALEFFI – L’ANGELO DELLA MORTE



Si diploma come infermiera e lavora nell’ambito medico. Il suo metodo era iniettare aria nelle vene dei pazienti portandoli a gravi embolie. Affetta da gravi turbe psicologiche, soffrì di depressione e anoressia fin dall’adolescenza. Ha tentato quattro volte il suicidio senza mai riuscirci. Tra il 2003-2004 nel reparto di medicina generale dell'ospedale Sant'Anna di Como, uccide 8 pazienti malati terminali e lascerà 18 morti sospette anche nell'Ospedale Manzoni di Lecco.

Viene arrestata il 15 dicembre 2004, dopo una segnalazione della direttrice di Lecco, confessando solo 6 omicidi. Il 14 dicembre 2007 viene condannata a 20 anni di reclusione nella casa circondariale San Vittore a Milano per l’uccisione di 5 persone e 2 tentati omicidi.


LAVINIA FISHER – LA PRIMA SERIAL KILLER AMERICANA



Nasce nel 1793 ed è ritenuta la prima serial killer di sesso femminile in America. Con la complicità del marito e grazie alla sua bellezza, riuscirà a sedurre, rapinare e uccidere molti uomini.

Dopo l’arresto dei due coniugi verranno rinvenuti numerosi oggetti personali degli sfortunati viaggiatori uccisi e una collezione interminabile di resti umani. Il 18 febbraio 1820, i Fisher furono impiccati dietro la prigione di Charleston. Il marito John, rimase in preghiera fino all'ultimo istante insieme al reverendo, mentre Lavinia fece la richiesta di essere impiccata e sepolta nel suo vestito da sposa. Al momento della sua uccisione la condannata dichiarò agli astanti: “Se volete portare un messaggio all’inferno, ditemelo pure, lo porterò io stessa laggiù”.

La leggenda di Lavinia ha assunto un tocco paranormale sulle guide turistiche di Charleston. Si racconta, infatti, che il suo fantasma sia stato visto in diverse occasioni nella prigione della città. I testimoni oculari delle apparizioni l'hanno descritta con il suo abito matrimoniale bianco e rosso, lo stesso che indossò il giorno dell’impiccagione. Secondo molte fonti, i Fisher furono sepolti presso il cimitero della Chiesa Congregazionalista al 150 di Meeting Street. Questo appare improbabile, in quanto nei pressi della prigione di Charleston vi era un cimitero apposito chiamato Potter's Field dove gli impiccati venivano sepolti. Certamente, il racconto che la tomba di Lavinia fosse collocato a pochi passi da quella del giudice che la condannò, creò un fascino particolare, incentivando il turismo e la leggenda del suo fantasma nei pressi della Chiesa.

AMELIA DYER – LA BALIA ASSASSINA



Amelia era una bambina brillante e intelligente, che nutriva un amore per i libri e la letteratura. Era la figlia di Samuel Hobley, un calzolaio esperto: la più giovane di cinque fratelli. Tuttavia, la sua infanzia è stata rovinata quando la madre contrasse il tifo e iniziò a soffrire di gravi complicazioni che le causarono un danno mentale permanente. La madre soffriva spesso di attacchi violenti e Amelia fu costretta ad assisterla fino alla sua morte. Gli storici ritengono che questa esperienza colpì Amelia profondamente e senza dubbio ebbe un drastico effetto sulle sue azioni nella vita adulta.

Vissuta in epoca vittoriana in Gran Bretagna, può essere considerata la più feroce serial killer inglese. Si pensa abbia ucciso tra i 200 e 400 bambini in circa vent’anni di attività. Rimasta vedova a 32 anni con una figlia da mantenere, lavorò prima come infermiera e poi come levatrice. Le giovani donne che rimanevano incinta, infatti, potevano liberarsi dei bambini dandoli in affidamento e pagando delle persone apposite per mantenerli fino al giorno della loro adozione. Questo sistema era molto usato, soprattutto dalle famiglie benestanti che volevano tenere segreto il parto per mantenere il buon nome della famiglia.

Amelia usava prendere i bambini, intascava i soldi e poi li uccideva facendoli morire di fame o sedandoli con l’oppio. Successivamente iniziò a strangolarli con un nastro bianco. Le madri naturali raramente verificavano che i figli stessero bene e la polizia classificava queste morti come “debolezza del bambino sin dalla nascita”.

Nel 1879 un medico scoprì numerose sparizioni ricondotte alla levatrice e Amelia scontò una condanna di sei mesi per “negligenza” verso il mantenimento dei piccoli, una cosa normale in un epoca dove molti figli morivano per malnutrizione. Durante il periodo di detenzione ebbe problemi psichici e tendenze suicide che la portarono ad abusare di alcol e oppio. Rilasciata, continuò la sua attività di levatrice ma iniziò a sbarazzarsi da sola dei cadaveri gettandoli con mattoni e pietre nel fiume, evitando così, di coinvolgere i medici per rilasciare le dichiarazioni per le cause di morte.

Cambia nome e indirizzo diverse volte per sfuggire alla polizia, fino a quando, nel Tamigi non viene ritrovato il cadavere di una bambina, Helena Fry, con una scritta riportante “Signora Thomas”. Le indagini portarono ad Amalia Dyer. La perquisizione nella sua casa portò alla scoperta di numerose prove: certificati di adozione, lettere delle madri, annunci pubblicitari e il nastro di stoffa che la donna usava per strangolare i bambini. Dopo il suo arresto nel Tamigi vennero rinvenuti altre sei corpi. Processata per un solo omicidio nel 1896, venne condannata a morte per impiccagione. Da allora venne soprannominata “l’orchessa di Reading”o “Jill la squartatrice”.

Giunta sul patibolo le venne chiesto se aveva un ultimo desiderio e lei rispose: “I have nothing to say.” (Non ho niente da dire).

Altre donne serial killer degne di nota rinvenute nella storia sono: Belle Gunness (chiamata Signora Barbablù), Marie Dauphine Lalaurie (torturatrice di schiavi di colore), Joanna Dennehy (la sociopatica), Madame Popova (serial killer a pagamento).

LE SS NEI CAMPI DI CONCENTARMENTO

Un capitolo a parte va aperto per narrare la storia di alcune guardie carcerarie durante il periodo nazista: le SS: ossia “Schutz-Staffeln”, letteralmente “scaglioni di difesa”.

Il ruolo sociale della donna nella Germania nazista era sicuramente marginale: il suo compito era di occuparsi della casa e di generare e crescere figli forti. Lo spazio riservato al miglioramento delle condizioni femminili nella politica di Hitler era piuttosto limitato. Hitler stesso considerava la donna poco più che un oggetto decorativo.

Le cose cambiarono quando il nazismo iniziò a portare avanti il progetto di salvaguardia della razza ariana: erano infatti necessarie ragazze “idonee”, quindi tedesche, che generassero figli “puri” da avviare nelle fila della Gioventù Hitleriana. La considerazione della donna iniziò a crescere e nacquero associazioni e iniziative di partito pensate unicamente per un pubblico femminile. Tutto ciò non fece cambiare, però, la mentalità degli uomini: pur essendo le donne una componente fondamentale della “fascia dei dominatori”, vivevano in ogni caso una condizione di sottomissione sessuale.

Molto probabilmente fu proprio questa inaccettabile condizione di inferiorità che spinse numerose donne ad entrare a far parte delle SS: avrebbero potuto esercitare un potere su individui considerati inferiori (Ebrei, Slavi, Zingari), riscattando nei campi, la marginalità del loro ruolo nella società.

Sono due le donne delle SS considerate le più crudeli e passate alla storia come feroci e spietate:


ILSE KOCH



Fu la moglie di Karl Otto Koch, il comandante del campo di concentramento di Buchenwald (dal 1937 al 1941) e di Majdanek (dal 1941 al 1943), uomo brutale che ebbe la fama di “sadico aguzzino” per i suoi metodi di tortura verso i prigionieri. Ilse, da sempre considerata ragazza modello, fu l’ amante di numerosi soldati della SA (“Sturmabteilung”), il primo gruppo paramilitare del movimento nazista. Nel 1936 venne nominata sorvegliante e segretaria presso il campo di concentramento di Sachsenhausen (vicino Berlino) dove conobbe e sposò, il comandante Karl Otto Koch. Sposata con il colonnello, inizia a fare carriera nelle SS diventando Oberaufseherin ("capo supervisore") del reparto femminile di sorveglianza del campo. Ispirata dalle pratiche del marito svilupperà la sua macabra passione nel scuoiare la pelle dei detenuti utilizzando i tatuaggi delle vittime per farne paralumi, quadri, tavoli decorativi e imbandire le tavole con teschi umani. Fu soprannominata dagli internati  "Strega di Buchenwald", "Cagna di Buchenwald" e "Iena di Buchenwald" a causa della sua ossessione e del suo sadismo nel percuotere le vittime a bastonate. Nel 1943 i coniugi vennero arrestati per malversazione, eccessiva brutalità, infamia e corruzione. Il marito sarà condannato a morte e giustiziato, Ilse verrà processata dal tribunale militare di Dachau e condannata all'ergastolo nel 1947, pena poi commutata in 4 anni “perché non erano state fornite prove evidenti”. Venne rilasciata dagli americani nel 1949 ma nuovamente arrestata e processata dalla corte tedesca, che la condannò al carcere a vita. L’accusa dichiarò: “Ilse si è rivelata una dei più sadici persecutori nazisti”.

Si impiccò nella sua cella nella prigione di Aichach in Baviera dopo aver scritto una lettera al figlio.


IRMA GRESE



Irma Grese  ebbe una infanzia difficile: la madre si suicidò bevendo dell’acido cloridrico quando lei aveva solo 12 anni, diventando oggetto di prese in giro e sbeffeggiamenti da parte dei fratelli e della matrigna.

A 15 anni scappa di casa, viene attratta dalle idee nazionalsocialiste e si arruola nella Lega delle ragazze tedesche (la BDM) iniziando presto la sua carriera come comandante del campo di Ravensbrück. È considerata la più bella e giovane direttrice del campo e ne divenne presto anche la più crudele, iniziando a curare maniacalmente i simboli del suo potere: la divisa, gli stivali, la frusta ed il suo cane lupo al quale ordinava di attaccare e sbranare i prigionieri. Promossa e trasferita al campo di Birkenau, diventa sorvegliante del settore destinato alle ebree polacche. Fu lì che sfogò maggiormente la sua rabbia: aveva il compito di sorvegliare trentuno baracche che contenevano circa trentamila donne ed ebbe il permesso di eliminare tutte coloro che non rispettavano le regole. Il famigerato Blocco 11 era sotto la sua diretta giurisdizione.

Irma ebbe una relazione con il dottore del campo Josef Mengele oltre ad avere relazioni omosessuali con alcune sorveglianti e perfino con alcune prigioniere, le più belle e procaci, che poi eliminava velocemente per mettere tutto a tacere. uno dei suoi passatempi era frustrare le donne sul seno o sul ventre fino a causare loro ferite profonde che richiedevano punti di sutura, poi le conduceva in infermeria dove le faceva operare senza anestesia, godendo delle loro sofferenze. Arrivò al culmine della crudeltà quando fece legare insieme le gambe di una partoriente che morì fra atroci dolori insieme al suo bambino.

1945 venne trasferita nel lager di Bergen-Belsen, ma il 15 aprile le truppe inglesi entrarono nel lager per liberare i prigionieri. Irma venne accusata di crimini di guerra sulla base della testimonianza dei sopravvissuti. <<Il tribunale degli Alleati ha giudicato Irma Grese colpevole di genocidio e di strage e l’ha condannata a morte mediante impiccagione>>.Irma venne giustiziata assieme ad altri 12 membri delle SS la mattina del 12 dicembre 1945 all’età di 22 anni. Quando sul patibolo il boia le infilò il cappuccio le sue ultime parole pronunciate furono “Schnell!” (Presto!).

Altre comandanti dei lagher furono: Herta Oberheuser (medico del campo di Ravensbrück faceva esperimenti sugli esseri umani, iniettando sulfamidici e benzina, conducendo esperimenti sulla rigenerazione di ossa, nervi e muscoli e uccideva bambini con iniezioni di barbiturici, rimuovendo parti delle loro membra e organi vitali); Gertrud Elli Senff (guardia di Majdanek e Birkenau, autorizzata a possedere armi non era una semplice esecutrice ma prendeva parte nelle decisioni di mandare i prigionieri nelle camera a gas); Charlotte S. (addetta alla sorveglianza del campo di Ravensbrück e poi di Auschwitz, aveva addestrato il proprio cane a mordere i genitali dei detenuti), Gisela S. (addetta al controllo delle ‘celle in piedi’ dove venivano ammassati 15 detenuti alla volta in cubicoli di piccole dimensioni) Maria Mandel ( "La bestia di Auschwitz" la donna con il grado più alto ad Auschwitz era sotto il comando dell'Obersturmbannführer Rudolf Hoss);  Hermine Braunsteiner (operò nel campo di sterminio di campo di Majdanek, soprannominata “Cavalla Scalciante” per l’abitudine di calpestare con violenza e uccidere le donne anziane del campo); Dorothea Binz, (una guardia conosciuta come “la bella stronza”, era famosa per essere una sadica e torturare i suoi prigionieri).

 

BIBLIOGRAFIA:

"Leonarda Cianciulli . La saponificatrice" di Vincenzo M. Mastronardi, Fabio Sanvitale, Armando Editore, 2010

“Leonarda Cianciulli. La saponificatrice di Correggio”, di Carmen barbaro, Editore Il Papavero, 2016

“Assassine” di Cinzia Tani, Milano, Mondadori, 1998.

Donne pericolose. Passioni che hanno cambiato la storia, di Cinzia Tani, Rizzoli, 2016

Le donne del nazismo. Il fascino del male di Paul Roland, Airone Editrice Roma, 2015

Se questa è una donna. Il racconto dell'altra faccia del male di Mónica G. Álvarez, Piemme, 2016

I Personaggi Più Malvagi della Storia, di S. Klein & M. Twiss, edizioni Newton & Compton, Londra, 2002.

Serial Killer. Storie di ossessione omicida, di Carlo Lucarelli & Massimo Picozzi, Milano, edizioni A. Mondadori, 2003.

Elisabeth Bathory. La torturatrice, di Angelo Quattrocchi, Malatempora 2008.

La contessa nera, di Rebecca Johns, Garzanti 2010.

“Le donne più malvagie della storia”, di Angelica Artemisia Pedatella, Newton Compton Editore, 2015

SERIE TV

Dark Angel” – la storia di Mary Cotton Ann

Mary Kills People” – storia di un Angelo della Morte



credits: officinebrand.it


domenica 19 novembre 2023

Le guerre di religione tra Oriente e Occidente

 


Cristiani, musulmani ed ebrei: le tre religioni monoteiste

Cristianesimo, islam e ebraismo sono le tre grandi religioni monoteiste del mondo. Tutte e tre si basano sulla fede in un solo Dio, ma hanno diverse interpretazioni su chi sia questo Dio e come dovremmo adorarlo. Mentre il cristianesimo crede nella Santissima Trinità e nella figura di Gesù Cristo come Figlio di Dio, l'islam riconosce solo Allah come divinità e considera Maometto il suo ultimo profeta. L'ebraismo, d'altra parte, crede in un Dio che ha scelto gli ebrei come popolo eletto, con cui ha stabilito un patto. Nonostante queste differenze teologiche, tutte e tre le religioni condividono molte tradizioni etiche ed etiche che promuovono la compassione, la giustizia e la carità. Queste religioni hanno influenzato profondamente la cultura occidentale e orientale, plasmando le nostre leggi, le nostre arti e le nostre tradizioni familiari. Tuttavia, purtroppo, questa comune base spirituale spesso viene dimenticata nella lotta tra Oriente e Occidente.

Le guerre di religione tra Oriente e Occidente

Le guerre di religioni tra Oriente e Occidente è un tema che ha dominato la storia umana per secoli. Dagli scontri tra le crociate cristiane e i musulmani durante il medioevo, alle tensioni geopolitiche tra Israele e i paesi arabi, l'odio religioso sembra essere sempre in agguato. Questo conflitto spesso si basa su stereotipi e pregiudizi, piuttosto che sulla comprensione reciproca delle diverse fedi. L'immagine dell'Islam come una religione violenta e intollerante è stata alimentata dal terrorismo internazionale, mentre l'ebraismo viene spesso associato alla politica del governo israeliano. D'altra parte, anche il cristianesimo ha avuto la sua quota di estremismo religioso, come dimostrano gli attacchi terroristici contro le cliniche abortive negli Stati Uniti da parte di gruppi cristiani radicali. In realtà, la maggior parte dei credenti delle tre religioni monoteiste vive pacificamente e rispetta le altre fedi. La soluzione al conflitto non può essere trovata nella demonizzazione dell'altro, ma solo nella comprensione reciproca e nella promozione della tolleranza.

Le differenze culturali tra Oriente e Occidente

Le differenze culturali tra Oriente e Occidente sono state spesso utilizzate per giustificare la guerra di religioni. La cultura occidentale, con la sua enfasi sull'individualismo, il materialismo e il razionalismo, è spesso vista come una minaccia alla spiritualità orientale, che valorizza invece l'armonia con la natura, l'umiltà e la meditazione. Tuttavia, questa dicotomia tra le due culture è molto più sfumata di quanto si creda. Molti filosofi occidentali hanno riconosciuto il valore della saggezza orientale, mentre molte persone dell'Oriente hanno abbracciato il consumismo e la tecnologia occidentale. In realtà, tutte le culture del mondo hanno qualcosa da insegnare agli altri. Siamo tutti diversi, ma allo stesso tempo uniti dalla nostra umanità comune. Cercare di capire le diverse culture e le loro prospettive può solo arricchire il nostro mondo e promuovere la pace tra le nazioni e le fedi.

La convivenza pacifica tra cristiani, musulmani ed ebrei nella storia

Nonostante le guerre di religione e le tensioni tra Oriente e Occidente, ci sono stati molti esempi di convivenza pacifica tra cristiani, musulmani ed ebrei nella storia. Durante il periodo d'oro dell'islam in Spagna, per esempio, cristiani, musulmani ed ebrei vivevano insieme in armonia e collaboravano alla produzione di importanti opere artistiche e scientifiche. Nel Medioevo, i monaci cristiani del monastero di Cluny in Francia riconoscevano il valore della saggezza islamica e studiavano gli scritti degli studiosi musulmani. Nell'impero ottomano, i non-musulmani godevano di libertà religiosa e poteri politici significativi. Anche oggi, ci sono molte comunità miste nel mondo che dimostrano che la convivenza pacifica è possibile. A Gerusalemme, per esempio, cristiani, musulmani ed ebrei vivono fianco a fianco nel quartiere della Città Vecchia senza conflitti significativi. Questa coesistenza può essere raggiunta solo attraverso la comprensione reciproca e il rispetto delle differenze culturali e religiose.

Ma è possibile promuovere la pace tra le diverse religioni?

Come promuovere la pace tra le diverse religioni? Innanzitutto, dobbiamo smettere di vedere l'altro come un nemico. Tutte le grandi religioni del mondo promuovono valori come l'amore, la compassione e la giustizia socialeNessuna religione promuove l'odio o la violenza, ma solo alcuni individui che cercano di giustificare le loro azioni con la fede. In secondo luogo, dobbiamo educare noi stessi e gli altri sulla diversità culturale e religiosa. Le scuole dovrebbero insegnare il rispetto delle diverse fedi e tradizioni, così come i media dovrebbero evitare di perpetuare stereotipi e pregiudizi. In terzo luogo, dobbiamo promuovere il dialogo interreligioso e la cooperazione tra le comunità. Gli incontri interreligiosi possono aiutare a dissipare i malintesi e creare una maggiore comprensione reciproca. Infine, dobbiamo concentrarci sulle cose che ci uniscono invece che su quelle che ci dividono. Concentrarsi su queste similitudini può aiutare a creare una base comune per la pace e la convivenza pacifica tra le diverse religioni del mondo.

G.V.


lunedì 13 aprile 2020

EUROPA E CORONAVIRUS: E' ANCORA "ROMA" IL NEMICO PRINCIPALE DA SCONFIGGERE

Credo che la problematica #coronavirus vada affrontata in una azione duplice. Il Covid-19 è l'aspetto scientifico, sanitario e va risolto tecnicamente. Poi c'è però l'aspetto politico (e anche legale) che a mio avviso è il problema principale che probabilmente il #coronavirus dove coprire.
Per quest'ultimo, occorre un'azione differente, volta anzitutto a delegittimare tutta ( e dico tutta) l'attuale classe politica, rimettendo in discussione il sistema Italia palesemente fallimentare, sostituendolo attraverso un percorso condiviso a livello territoriale, con un sistema federale moderno.
Insomma, come disse Umberto Bossi in occasione del congresso della Lega Nord del 2013 che elesse "felpetta": "è Roma il nemico principale ancora da sconfiggere...".
Occorre una trasformazione in chiave federalista di questo stato e dell'Europa. Quello che non fecero a Ventotene, per i motivi che non tutti conoscono, va fatto con urgenza oggi, attualizzando tutto ai tempi e allo scenario attuale. Nè questa ItaGlia, nè questa Europa hanno possibilità di proseguire nel loro percorso forzato sin dalla nascita. Scomporre i territori (macroregioni?), trovando le loro naturali identità di destino, per poi ricomporli, federarli (per quelli che liberamente lo vorranno) in un moderno Stato Federale, sul modello svizzero. Di certo la rimozione di questa impresentabile classe politica (tutta) è propedeutica a qualsiasi azione.
Per ciò che riguarda il problema sanitario, non volendo entrare assolutamente nel merito tecnico-scientifico, tra le tante cose sagge e meno sagge sentite, riporto quanto letto in un intervento di Roberta Villa, medico e giornalista.
Mi sembra un valido ragionamento, anche se ancora troppo "buonista", perché non tiene conto della malafede di chi sta continuando a comunicare il "terrore" per chissà quali altri fini. Comunque è interessante e mi fa piacere sottoporvelo:
"Ma veramente pensate che la situazione stia migliorando meno rapidamente del previsto per quella (poca, ammetterete) gente in più che vedete (o vi fanno vedere) per strada?
Non del fatto che dopo due mesi ancora nessuno sa chi fa che cosa, e meno che meno i cittadini, colpevolizzati per tutto, quando sono le prime vittime, travolti di parole, invece che informati, abbandonati a se stessi, con i medici disarmati che lottano a mani nude?
Pensate VERAMENTE che se i casi non calano la colpa è della persona che esce una volta in più a fare la spesa o fa un giro intorno al palazzo perché non ce la fa più, e non per i pazienti positivi che infettano i parenti, gli ospedali che ancora sono luogo di contagio, le persone che sanno di aver avuto la malattia, ma non hanno avuto il tampone, e non hanno idea di quando possono riprendere una vita normale? Dei loro familiari, abbandonati a se stessi?
Non si può pensare alla "fase 2" senza capire e risolvere i problemi della fase 1, che in misura si spera minore ci porteremo avanti per anni. Capitemi bene, per anni. Vogliamo continuare a scannarci tra di noi per anni, senza riconoscere le legittime e umane esigenze di ognuno?
Non riconoscete la stessa strategia della crisi dei vaccini, dell'epidemia di morbillo, quando 4 antivax in croce sono diventati il capro espiatorio di tutte le mancanze, i tagli, le carenze imposte dall'alto alla medicina preventiva sul territorio? Le stesse parole d'ordine: addosso a chi non segue le regole. Se poi le cause più profonde dei problemi sono altrove, non importa".

Gianfranco Vestuto



mercoledì 18 dicembre 2019

IL POTERE DEL "MEDIO"

E venne il giorno in cui una simpaticissima ragazza, con un "dito medio" mise "KO" Sardine e Salvini! Un semplice gesto di intuizione, ironia e coraggio. 

Penosa e patetica la replica di "felpetta" che ha fatto appello all'educazione, salvo poi essere seppellito dal web che ha postato una foto dove lui fa esattamente lo stesso gesto (da adulto , padre ed ex ministro). 


Vergognosi e squadristi invece, gli attacchi degli scagnozzi del web della "Bestia" che vomitano addosso ad una 19enne, cose indicibili. Gente che andrebbe messa al muro... 

Al momento quel "dito" simpatico e impertinente gli è andato dritto a quel posto ...e tanto sta bene a tutti gli ipocriti e finti perbenisti del ciufolo.
gv

domenica 2 aprile 2017

"COOP CONNECTION": UNA STORIA TUTTA ITA(G)LIANA DI CLIENTELISMO E CAPITALISMO PARASSITARIO...



Milano – Il sistema delle coop rosse che crea un’economia nascosta e parallela, alla stregua di una vera e propria cupola mafiosa. Uno degli aspetti più nascosti e ripugnanti del regime statalista e di cui i media poco o nulla hanno parlato negli anni pre e post-Tangentopoli, è senza dubbio rappresentato da quel sottobosco di intrallazzi, affari nascosti, e verità inconfessabili che da interi decenni avvolge in un’alea di mistero il dorato mondo delle cooperative.
Un cordone ombelicale inscindibile ed assai stretto con quello che sino ad oltre 25 anni fa era il Partito Comunista nostrano, e che è oggi ben rappresentato – con i mille trasformismi e bizantinismi tipici di un partito “romano” – dall’attuale Partito Democratico. Oltre che, in ogni caso, dai mille rivoli in cui si è nel tempo diramata una sinistra che mentre, a parole, dichiarava di essere dalla parte dei ceti più deboli, in realtà realizzava business molto succulenti e corposi. Il tutto nel più totale silenzio dei mezzi di informazione e nell’inazione di chi dovrebbe essere invece preposto a garantire legalità e giustizia, in questo ridicolo e sgangherato paese.
Su questo ed altri aspetti quasi del tutto sconosciuti all’opinione pubblica sull’affaire cooperative, ha provato a fare chiarezza il collega Antonio Amorosi nel suo ultimo lavoro “Coop Connection” presentato ieri sera nel corso di un incontro organizzato dalla sezione meneghina dell’Associazione Culturale “Il dito nell’occhio”. Un vero e proprio j’accuse nei confronti di un meccanismo che indubbiamente ha goduto di grossi agganci politici e della complicità di uno stato – quello centralista itagliano – che sin dalla sua nascita ha sempre pescato nel torbido, avallando malaffare e pratiche criminali. Compresa quella nebulosa delle coop che nasconde degli aneddoti e dei dati incredibili, snocciolati e raccontati dal giornalista come il più intrigante dei storytelling, non senza però una punta di amara ironia.
Antonio Amorosi - autore del libro "Coop Connection"
“Quando sento parlare di cooperative – ha esordito l’autore, riprendendo alcuni stralci del suo libro -, sarebbe lecito considerarle strutture che hanno come scopo principale il mutualismo ed il solidarismo, senza mirare al profitto ed alla sopraffazione dell’uomo. La Coop, nel suo jingle pubblicitario degli anni ’60, voleva far passare il messaggio che sia chi vendeva che chi comprava, si trovava sullo stesso piano. Niente di meglio che cercare di cambiare il contesto in cui si opera, con una risposta che con il passare del tempo è  diventata via via sempre più interiore. Un filo conduttore che comunque continua ad esistere, ai giorni nostri, attraverso la CONAD, anch’essa iscritta a Legacoop. Il messaggio chiave è dunque quello di mettere al centro di tutto la persona, e quando ho sentito l’ex premier Renzi dire che questo paese va raccontato in maniera diversa, evidenziando le cose che funzionano, mi sono detto che tutto sommato forse c’era un fondo di verità. Preferisco però affidarmi ad un altro toscano, ovvero a Machiavelli, che diceva che in politica l’importante è far credere. E così scopriamo che in realtà oggi le cooperative rappresentano l’8% del PIL ed assumono una posizione quasi di monopolio nel mercato della distribuzione alimentare. Si è creata un’economia invasiva, in cui buona parte dei cittadini ha la tessera Coop e li’ vi spende pure i propri soldi, oltre che a godere di una fiscalità assai particolare. Mentre infatti un’impresa normale è tassata per oltre il 60% sugli utili, i loro supermercati vengono tassati per solo il 65% del  ricavo finale, con un’imposizione che scende addirittura a 0 per le strutture coinvolte in “Mafia capitale”!  La coop di Buzzi faceva 60 mlioni di fatturato annui e lui stesso aveva uno stipendio di 25mila euro mensili. C’era chi riteneva che di questo argomento se ne occupasse solo la destra, ma la realtà ho scoperto essere ben diversa da quella che immaginavo. Il cuore pulsante di questo sistema si trova in Emilia Romagna,
ed è rappresentato dai grandi supermercati che furono inventati da un partigiano di cui non si conosce l’identità, perché è stato espulso da questo mondo.  Per capire tutto questo, occorre contestualizzare il momento storico ed il luogo in cui sono venute alla luce. Perché nel secondo dopoguerra, a Bologna se non eri iscritto al PCI potevi avere dei grossi problemi. Togliatti non le vedeva di buon occhio, dal momento che le cooperative erano più che altro un’idea socialista e repubblicana. Ma strategicamente decise di occuparle, per dimostrare come la sinistra poteva governare nel modo migliore, creando un modello da imitare in tutti i campi. Non esitando ad allearsi con quelli che definiva in maniera dispregiativa “bottegai”, ovvero i commercianti, pur di raggiungere questo scopo. Alla fine chi aveva avuto l’idea – il partigiano – venne trattato male, quasi alla stregua di un fascista solo perché voleva creare qualcosa di utile per tutti. Oggi ¾ delle entrate dei supermercati, è determinato dall’attività borsistica mentre solo la restante parte deriva dalla vera e propria vendita di merci. Ma anche qui c’e’ un’imbarazzante anomalia perché le cooperative, pur non potendo entrare in Borsa perché la legge glielo vieterebbe, in realtà  lo fanno con società a latere. Utilizzano, come avrete intuito, i soldi di chi acquista i libretti di risparmio in maniera del tutto illegale, perché solo le banche sono preposte alla raccolta di denaro a vista. Ho telefonato a vari istituti di credito e tutti mi hanno confermato che effettivamente, le coop stanno violando le regole. E quando ho chiamato il Ministero dello Sviluppo Economico, non mi hanno saputo e voluto dare un chiarimento nel momento in cui si trattava di ricevere una risposta sulle ragioni di questa assurdità…...Ad essere più precisi mi hanno detto che il controllo sull’attività della coop lo fanno, ma solo – udite udite – nel tempo libero!”
Insomma, uno spaccato impietoso sulle connivenze e le complicità vergognose ed immotivate, di cui le cooperative hanno sempre usufruito, in totale dispregio di quegli imprenditori che fanno un’enorme fatica a creare ricchezza e lavoro in un contesto malsano come quello itagliano. Tutti gli attori coinvolti erano perfettamente a conoscenza di quello che accadeva, ma nessuno poteva e doveva parlare. E chi ha provato a togliere il velo su questo castello di menzogne e favoritismi, alla fine ha anche pagato a caro prezzo.
Mafia Capitale – ha proseguito Amorosi – è esplosa solo nel 2012, ma si sapeva di questo marciume già da molto tempo. Il  mondo economico criminale che era in affari con Buzzi, il gruppo di Massimo Carminati, nel 1999 compì un’azione spettacolare, facendo una rapina in banca sulle cassette piene di denaro dei magistrati romani. Torna il nome di Carminati, che però non si è fatto neppure un giorno dietro le sbarre. Le cooperative hanno tutte il cuore a Bologna, ed in 70 anni in Emilia Romagna non è mai stata aperta un’inchiesta giudiziaria degna di tal nome sulla criminalità organizzata. In particolare sul riciclaggio di denaro sporco, e soprattutto sul narcotraffico perché gran parte dei detenuti emiliani si trovano in carcere per lo spaccio di droga. Si è sempre voluto far passare questa regione come una piccola Svizzera di casa nostra, quando in realtà non è mai stato oro tutto quello che ha luccicato. Piazza Maggiore, ad esempio, è stata ristrutturata grazie ai soldi (arrivati da un fondo a cui la società ICLA era iscritta) portati dal clan dei casalesi. 
Gli Alfieri ed i Nuvoletta, con la società ICLA di Napoli, hanno ottenuto diversi appalti nei primi anni ’90. Dopo una breve esperienza come Assessore alla Politiche Abitative nel Comune di Bologna, ho deciso di scoprire cosa ci fosse al vertice. Sono stato il primo a parlare di criminalità organizzata in Emilia Romagna nel 2000, ma nessuno mi ha dato ascolto. Nel mio lavoro di indagine giornalistica sono arrivato a Giuliano Poletti, attuale Ministro del Lavoro che riteneva superati il solidarismo ed il mutualismo. Peccato però che si sia anche dimenticato di dire che le coop ricevano un trattamento di favore, che non ha proprio nulla a che vedere con quello che subiscono invece le normali imprese che come tutti sanno sono martoriate da un regime fiscale vessatorio e da una burocrazia ottusa ed asfissiante. Ho imparato che esistono tre riti per gli imprenditori di casa nostra. Quello milanese o ambrosiano, che abbiamo visto essere di moda nell’era di Tangentopoli. Poi quello meridionale, che può far capo alle organizzazioni mafiose e camorriste. Ed infine, quello emiliano che non è mai stato beccato neppure con Mani Pulite, perché parte di un mondo di favoritismi e truffe che lo ha reso vincente. Un mondo senza tracce e perfettamente legale, come ha letto in radio un passo del mio libro il conduttore Oscar Giannino, in cui le gare di appalto erano già decise a tavolino dagli amministratori pubblici. Ho proposto questi argomenti al mondo imprenditoriale di centro-destra che però se n’e’ sempre defilato, perché anch’esso vi si accodava. Chiariamo, non ce l’ho con le cooperative. 
Ma sicuramente esistono delle anomalie, che non possono essere certo sottaciute. Ho anche citato vari personaggi come Don Ciotti e l’attuale Ministro delle Infrastrutture che, nell’ultima campagna elettorale, si è recato a Cutro, in Calabria, dove vive la ‘ndrina dei Grande Aracri. La giustificazione addotta da Del Rio, quando i magistrati indagarono su questi particolari viaggi, fu quella di un gemellaggio fra i comuni di Reggio Emilia e Cutro. Salvo poi scoprire che in realtà non era così, perché questo è un atto amministrativo su cui votano e decidono i consiglieri comunali. Nel caso in questione però, ne’ quelli reggiani, ne’ tantomeno quelli cutresi si sono mai espressi. Nessuno ha mai voluto indagare su queste false dichiarazioni. Nel libro, ho voluto raccontare anche storie di poliziotti che cercano di fare delle denunce contro le cooperative ed i magistrati, ma che alla fine sono a loro volta denunciati, e subiscono le angherie e le assurdità di questo sistema. Se conosciamo la realtà, sappiamo come difenderci. Ho voluto mettere i lettori nelle condizioni di scoprire questi meccanismi, perché la libertà è anche conoscenza. "Il sistema delle coop è chiuso e, come avrete potuto capire, è assimilabile in tutto e per tutto - con una connection, come potete leggere. Fate voi le vostre valutazioni: quando il potere ti chiede di stare zitto – ha poi concluso - , non puoi assolutamente parlare!”
Un avamposto dunque del peggiore clientelismo (con tanto di voto di scambio, naturalmente, per accaparrarsi favori e privilegi), e del più deprecabile capitalismo assistito e parassitario tipicamente italiani, capaci di sovvertire le leggi della libera concorrenza grazie alla complicità ed alla connivenza di istituzioni corrotte. Anzi, addirittura progenitrici di un sistema marcio con cui una parte politica (la sinistra mafiosa, accattona e comunista solo ed esclusivamente con il sudore della fronte di chi lavora e produce) ha esercitato in maniera indiscussa ed abusiva il proprio potere all’interno della società, dal secondo dopoguerra ad oggi.
Oltre che di forze dell’ordine che non hanno mai voluto squarciare il muro quasi indistruttibile di bugie ed omertà, con cui è stato costruito una struttura molto più simile ad un’organizzazione malavitosa che sfrutta denaro e lavoro di ignari cittadini, che non ad un’associazione solidaristica e mutualistica come si è invece spacciata per interi decenni.

Francesco Montanino