sabato 25 aprile 2015

IL GENOCIDIO ARMENO, STORIA DI UN MASSACRO DIMENTICATO


Milano - Un secolo fa, l'Europa e' stata l'involontario teatro di un massacro di cui i libri di storia non hanno mai fatto cenno. Sul genocidio degli armeni è calata un'insopportabile cortina fumogena fatta di silenzi ed omissioni, probabilmente perché per qualche benpensante si tratta di una carneficina di poco conto e in quanto tale per niente meritevole di essere raccontata e fatta conoscere all'opinione pubblica. O magari per non urtare la suscettibilità di una Turchia, che conviene tener buona per evidenti ragioni strategiche e di geopolitica.
Come per i meridionali sterminati dall'esercito invasore dei Savoia e delle camicie rosse garibaldine, allo stesso modo anche questa popolazione caucasica ha dovuto sopportare il dolore e l'orrore di esecuzioni sommarie e di eccidi al di fuori di ogni logica di umanità, causate dalla crudeltà dell'esercito dell'impero ottomano.
La recente levata di scudi di Papa Francesco sembra però aver cambiato le cose, nonostante la riottosità di una Turchia che proprio non ne vuole sentire di fare i conti con la propria storia ed un ingombrante quanto imbarazzante passato, chiedendo finalmente scusa ad una popolazione che 100 anni fa ha subito una sorte che nel secolo scorso non è toccata solo agli ebrei, durante il periodo nazista. Ed ammettere il perpetramento di quello che - a tutti gli effetti - può essere tranquillamente considerato un crimine contro l'umanità.
Ankara - per mano del proprio premier Erdogan - ha protestato con la consueta tracotanza, e francamente si fa davvero una gran fatica a comprendere come questo paese possa pretendere di far parte di un consesso come quello europeo.
Di questo ed altro, se n'è parlato nel corso di un interessante convegno dal titolo "Il genocidio armeno: tra storia e memoria" organizzato dal consolato armeno e dall'associazione culturale "Horcynus Orca", e tenutosi in questi giorni al comune di Milano, nella prestigiosa cornice della sala Alessi.

La data del 24 aprile 1915 per molti probabilmente non significherà nulla. Ma non per un popolo - quello armeno - che fu vittima della barbarie perpetrata dagli ottomani, che poco o nulla di diverso aveva rispetto alla tanto pubblicizzata follia nazista.
Numerose le testimonianze anche toccanti raccontate nel corso dell'incontro, che hanno evidenziato come non possano più esistere massacri di serie A o di serie B.
Il tutto mentre, su uno schermo appositamente predisposto, scorrevano le immagini in diretta provenienti dalla capitale armena Yerevan, dove erano in corso le commemorazioni ufficiali per ricordare tale terribile ricorrenza alla presenza delle autorità religiose e politiche del paese, oltre che del presidente russo Vladimir Putin, e del premier francese Francoise Hollande.
"Molti racconti orali - ha affermato Gabriella Uluhogian, docente dell'Università di Bologna - sono giunti a noi in maniera assai frammentata, però finalmente stanno vedendo la luce, e testimoniano tutta la drammaticità di una situazione di cui si sa ancora troppo poco".
Giulia Lami e Luca Maggioni, docenti all'Università Statale di Milano, hanno invece sottolineato il fondamentale ruolo divulgativo dello storico e studioso Arnold Toynbee che per primo ha parlato di "massacro e di genocidio per i fatti accaduti fra il 1915 ed il 1916", in quell'area a cavallo fra i continenti europeo ed asiatico. "Per lui - ha affermato la professoressa Lami - la distruzione di una cultura era uno scandalo e quando vedo che il testo della Convenzione dei diritti Umani del 1948 non ha sufficientemente condannato il genocidio, alla luce di quanto era successo, provo una grande rabbia. Toynbee parla nei propri resoconti esplicitamente di distruzione di una nazione, ed i punti forti della sua analisi si basano sul fatto che c'erano una premeditazione ed un'intenzionalità da parte di chi si è macchiato di tali crimini".

Luca Maggioni ha invece criticato l'operato dei governi inglese e francese "che hanno si' aiutato la popolazione armena a liberarsi dall'oppressione ottomana, senza però preoccuparsi seriamente di pensare poi alla creazione di un apposito stato libero ed indipendente dell'Armenia. Toynbee in un primo momento si è molto interessato della questione armena, salvo poi cambiare opinione quando si è trovato coinvolto come cronista di guerra nella guerra greco-turca in cui capì che la parte degli oppressori la rivestivano, contrariamente a quello che credeva, gli ellenici. E' per questo motivo che si occupò della questione armena con minore vigore che in passato, e ciò non gli risparmiò pesanti critiche. In realtà la questione va inquadrata nell'ottica di uno scenario particolarmente complesso in una Turchia profondamente instabile dove da un lato occorreva provvedere a trovare un equilibrio politico soddisfacente. Dall'altro invece esisteva l'evidenza di un massacro e di uno sterminio patiti dalla popolazione armena, che portarono questo studioso britannico a porre sullo stesso piano questo genocidio con quello degli ebrei, durante la seconda guerra mondiale".
"Questo convegno - ha invece tenuto a sottolineare, Gaetano Giunta della comunità armena di Messina e presidente dell'associazione "Horcynus Orca" - non ha alcuna connotazione politica, contrariamente a quello che invece ha fatto intendere nei giorni scorsi l'ANSA. Si tratta piuttosto di un atto d'amore verso il popolo armeno".
Popolo armeno che "ha subito uno dei peggiori crimini del '900, che l'attuale governo di Ankara si rifiuta ancora oggi di voler riconoscere, non volendo spingere in maniera decisa è convinta verso la rappacificazione. E questo nonostante che in Turchia ci sia una minoranza piuttosto consistente che invece vuole fare piena luce su questa vicenda", così come ha ricordato la professoressa Martina Corgnati, raggiunta telefonicamente a Dzidzernagapert (la collina delle Rondini, nda) al Memoriale del Genocidio.

"Non bisogna più commettere l'errore di cadere nel negazionismo - ha osservato lo scrittore ed il presidente dell'associazione Gariwo, Gabriele Nissim - perché il genocidio di un popolo, passa anche per l'indifferenza ed il colpevole silenzio di chi sapeva, ma non è voluto intervenire", riferendosi all'operato di un governo tedesco che all'epoca dei fatti poteva fare probabilmente molto di più. Nissim ha in particolare evidenziato la figura di Armin Wegner che - sulla scorta di quanto avvenuto per gli armeni - scrisse alcune lettere ad Adolf Hitler, invitandolo ad evitare lo sterminio e le deportazioni degli ebrei per non farne ricadere (com'è poi accaduto) in futuro, l'onta sulla Germania.
"Wegner si vergognava come cittadino tedesco e si rivolse anche agli ebrei che vivevano nel suo paese - ha affermato Nissim - capendo che il principale problema che era alla base di tutto, era la conciliazione. Intesa come un valore per tutelare la moralità e l'integrità di una intera comunità. Perché la negazione continua da parte dei turchi del genocidio, metteva e mette a tutt'oggi in cattiva luce anche la parte buona di quel popolo, che invece non si riconosce in queste atrocità".
Particolarmente significativa la testimonianza del console onorario dell'Armenia in Italia, Pietro Kuciukian che ha esordito ricordando l'appello lanciato recentemente da Papa Francesco. "Mi hanno colpito molto il tono e la decisione con cui il pontefice ha condannato apertamente questo genocidio - ha evidenziato - perché per noi armeni questa è una tragedia interiorizzata. Le mie esperienze personali mi hanno portato alla ricerca di quei turchi che ho ribattezzato "i giusti ottomani" che invece hanno rifiutato di eseguire gli ordini e che per questo motivo sono stati considerati traditori della patria. Non possiamo assolutamente permetterci di generalizzare un intero popolo perché correremmo a quel punto il rischio di comportarci allo stesso modo di quei carnefici che invece continueremo a condannare".

Francesco Montanino